Vento. Le vent nous portera cantavano qualche anno fa i Noir Désir, con una malinconica melodia che portava lontano... Il vento credevo di conoscerlo: nata vicino al mare ero abituata alle cosiddette libecciate che si dice durino solo un numero dispari di giorni, a Roma ho conosciuto la dolcezza del ponentino e talvolta mi sono stupita sfiorando con le dita la rossa sabbia del Sahara piovuta in giorni di scirocco. Ma qui nel Sud Ouest il vento è tutta un’altra cosa, una cosa seria. Un tempo erano i mulini a vento a sfruttarne la forza, ora enormi pale eoliche campeggiano fra Tolosa e Carcassonne, talvolta spuntando come giganti minacciosi da dietro montagne scure di foreste come la Montagne Noire. Fino al mare è facile vedere pale eoliche stagliarsi nella pianura...
Del vent d’autan - che abbraccia la Francia sud-occidentale soprattutto nel Languedoc e Midi-Pyrénées - si dice che possa rendere folli. Vorticoso, può soffiare a raffiche di 90 km/h, passare a 10 km/h per una ventina di secondi, e ricominciare a soffiare bruscamente quasi con naturale dispetto! L’irregolarità e il forte “grido” di questo vento rendono irascibili e irritabili le persone, anche se si sono abituate a conviverci nelle città come nelle strade strette dei paesi. Qualche studioso ha sottolineato anche che un altro fattore di nervosismo potrebbe venire dalla maggiore elettricità nell’aria, che comporterebbe anche crisi d’angoscia e fatica. Si dice anche che la diminuzione della pressione atmosferica liberi gli elettroliti contenuti nel liquido amniotico, aumentando quindi il numero di parti durante le tempeste di vento. Succede di tutto in questi giorni carichi di elettricità, in cui il vento entra anche negli spiragli minimi di porte e finestre dando una generale atmosfera sinistra...
Il “vento del diavolo”, così definito per alcune leggende popolari che lo legano alla Passione di Cristo, soffia generalmente da sud-est, ma a volte può arrivare anche da nord-est, dalla Spagna o addirittura dalla Libia. Per la gente del posto vedere distintamente i Pirenei è segno premonitore che l’autan è in arrivo di lì a qualche giorno: “ l’autan bol bufa”, l’autan soffierà... Un vento così forte “à décorner les boeufs” recita un modo di dire piuttosto chiaro. Ai primi del secolo scorso anche un treno sarebbe stato ribaltato dal vento, ma da secoli gli abitanti di questa regione hanno imparato a conviverci: alberi fitti e siepi a protezione di case, costruzioni anti-vento, porte e finestre ben orientate... Del resto l’autan può soffiare anche 80-90 giorni all’anno, è un’abitudine di questa terra essere un po’ come una nave in alto mare, soprattutto per quei villaggi abbarbicati su colline spoglie, dove le case addossate le une alle altre sembrano farsi coraggio per resistere alle raffiche in una lotta senza fine.
Il suo nome mi faceva un po’ ridere, poi ho scoperto che autan in realtà deriva dal latino altanus che significa alto mare, quindi vento d’alto mare. Tolosa si trova praticamente a metà tra il Mediterraneo e l’Atlantico, sospesa tra due mondi ma in realtà un mondo a parte. Essere così lontani dal mare è quasi soffocante all’idea, ma insieme al vento talvolta appare un altro segno della sua presenza: i gabbiani. Si lasciano trasportare nell’aria, chissà quanto hanno volato, chissà che coste e porti hanno visto, magari fino alla Corsica e anche più in là.
Il vento spazza la pianura, tra le due catene di montagne dei Pirenei e del Massiccio Centrale, e corre dal mare fino a spingersi oltre Tolosa, giornate intere in cui guardando gli alberi dalla finestra si ha l’impressione di essere in costante movimento. Alberi che si piegano, foglie, rami e volantini si mescolano in un delirio capace di durare ore... Soffia con una media fra i 30 e i 40 km/h, ma può arrivare a superare i 100 km/h con raffiche improvvise: 122 km/h sono stati registrati anni fa e anche nell’autunno scorso a Tolosa durante una notte di ululati di vento e sirene.
Per gli antichi, un po’ come si sostiene per altri venti, l’autan soffia uno, tre o sei giorni e poi porta la pioggia. Vento umido, la sua temperatura dipende da quella del Mediterraneo: freddo d’inverno e all’inizio della primavera, fresco il resto della primavera e alla fine dell’autunno, dolce per il resto dell’autunno e per una parte dell’estate, caldo nei mesi centrali di questa stagione. Come una brezza marina, durante i torridi giorni estivi limita molto le temperature massime, ed è per questo che qualcuno l’ha definito come una brezza marina che arriva fino all’Ouest Toulousain... Una brezza marina che a fine primavera fa muovere nei campi le spighe di grano come un unico grande mare, con onde di un verde sgargiante quasi ipnotiche nella loro danza. Ecco il mare del Sud-Ouest, dove il mare è solo un vento e qualche gabbiano solitario.
Anatre. Si vedono volare al mattino lungo il fiume, immerse nella bruma o lucide in un cielo terso. Le nuvole corrono, segno tangibile di un vento che spesso e volentieri si fa sentire… loro volano, a volte sembrano indossare una muta cangiante, verde smeraldo o nero-grigia… è un piacere guardarle, per chi non è abituato. Poi all’improvviso si posano sull’acqua, immergono la testa e prendono una posa buffissima. Come buffissima è la manovra che fanno per accostarsi alla riva quando danno l'impressione di essere trasportate dalla corrente come delle papere di plastica: si girano abilmente e in men che non si dica sono sulla terraferma. Le anatre, insieme alle oche, sono protagoniste indiscusse del Sud Ouest francese e delle sue campagne. Regine dei cieli e delle decorazioni locali — a volte uscite dritte dritte da un film anni ‘50 o dalla casa dell’amica di nonna Speranza di gozzaniana memoria —, di campi e tavole.
Le anatre si scorgono in volo, ma si possono incontrare anche nei numerosi mercati settimanali, dove la spesa si fa con la sporta di paglia e le uova si vendono a dozzine. Qui in Francia i mercati si svolgono intorno alle cosiddette hall, un ampio spazio porticato di cui si possono ammirare ancora begli esempi in mattoni tipici dell’architettura del Midi.
Novembre è uno dei mesi in cui è più facile vedere le anatre in bella mostra sui banchi…tutte rosa, accuratamente spennate, disposte in ordine, collo all’ingiù su tovaglie di plastica decorate…e poi stand pieni di prodotti come i gésiers, i manchons, i cous farcis… Meglio non entrare nel dettaglio, le oche e le anatre sono allevate — è nota la tecnica crudele con cui vengono nutrite a forza per far ingrossare il fegato e trarne il prezioso foie gras, nient’altro che fegato grasso — in piccole fattorie e aziende, perse nella campagna. Di questi animali non si butta via nulla, come da noi si fa con il maiale: che prelibatezza sono considerati qui i cosiddetti fritons, grasso impanato e fritto, come le patate fritte nel grasso stesso! A volte lo si conserva in una ciotola, ma bisogna fare i conti con la destrezza dei gatti francesi, padroni assoluti di tante case…
Il re delle cucine, insieme al foie gras, è il magret - da me ribattezzato scherzosamente Maigret, come il commissario tanto amato da mia nonna! -, ovvero il filetto magro del petto d’anatra o d’oca. Invenzione culinaria degli anni ‘60, perché la ricetta tradizionale prevede la conservazione nel grasso di cottura, metodo chiamato confit. Spesso già preparato sotto vuoto per essere mantenuto comodamente, si trova dai mercati più piccoli fino agli ipermercati delle grandi catene, cui viene dedicato grande spazio. Oche e anatre finte invogliano a gustare terrine, salami, preparati i più svariati — famoso è il cassoulet di Castelnaudary, con i fagioli, lardo, salsiccia e chi più ne ha più ne metta — tutti a base di canard. Addirittura il tipo di pizza proposto in cima ai menu delle cosiddette "pizzerie" — anche nei paesini più isolati si possono incontrare dei furgoncini con nomi italiani o quasi che si propongono come pizzerie roulants — è quella au magret…
Il gusto un po’ dolciastro del petto d’anatra fa impazzire i francesi, che lo propongono come piatto raffinato in tutto l’Hexagone, durante le feste e nei ristoranti, da quelli popolari a quelli più chic con ricette très gastronomiques. Lo stesso foie gras, venduto durante tutto l’anno nella zona di Tolosa, durante il periodo di Natale raggiunge dei prezzi altissimi per poi ridiscendere subito dopo… l’anatra qui è di casa. Dai cieli alle tavole occitane, fino alle fermate del métro: una piazza, e di conseguenza una zona di Tolosa, si chiama Patte-d’Oie (Pata d’auca in occitano), letteralmente Zampa d’Oca. Anche se sembra che sia dovuto solo alla forma data dalle strade, mi strappa un sorriso quando sento annunciare la fermata sul métro, e il pensiero vola a questi animali per me divenuti immancabili presenze nel cielo ventoso del Midi.
Bagno. In Italia il bagno è, allo stesso tempo, il luogo in cui ci si lava - indipendentemente che vi sia una vasca o una doccia - e in cui si svolgono le proprie “funzioni”. In Francia, per essere precisi, il nostro comune bagno si divide in tre: toilettes, salle de bain e salle d’eau. Già una cosa colpisce nelle case francesi: le toilettes, ad eccezione di alcune vecchie case, per legge - legata a questioni d'igiene - sono un piccolo locale a sé. Se si è fortunati, c’è anche un piccolo lavandino, altrimenti rimane un metro quadro ridotto all’essenziale ma pieno di colori fluo sulle pareti delle abitazioni più moderne. Poi ci sono la salle de bain e la salle d’eau: la prima è più completa, avendo al suo interno una vasca, la seconda è più semplice, con una doccia e un lavandino.
Anche parlando di doccia i francesi sono pignoli! Per noi una doccia può avere un getto più o meno elaborato, al massimo ci sono versioni più accessoriate, ma una doccia rimane una doccia. Qui invece il top, insieme all’intramontabile Jacuzzi per le vasche, è... la douche à l’italienne. E’ molto rinomata, ci si vanta di possederla nella propria casa, e anche gli annunci immobiliari la utilizzano come punto forte nella descrizione delle abitazioni. Che poi, alla fine, cosa avrà mai di speciale rispetto a una doccia tout court? Semplicemente il fatto di essere senza gradino tra il piatto doccia e l’esterno…non così pratica, ma oltralpe assai in voga nelle case di chi vuole essere all'ultima moda. Forse non sono aggiornata, ma chissà se in Italia esiste una ricercatissima "doccia alla francese"? Fatto sta che nel suo presunto paese d'origine la douche à l'italienne è una perfetta sconosciuta.
Sempre restando in tema “bagno”, non si può non parlare del bidet. Argomento forse scabroso per alcuni, ma assai sorprendente. Nel mio immaginario di appassionata di origine delle parole, ho sempre pensato che bidet derivasse dal nome di un certo Monsieur Bidet, magari vissuto durante il periodo della rivoluzione francese come Monsieur Mansart inventore della mansarda. E invece la verità si trova in una popolare filastrocca per bambini.
Quand il trotte, il est parfait
Au pas, au pas, au pas,
Au trot, au trot, au trot
Au galop, au galop, au galop !
* [Un bidet était un petit cheval breton utilisé comme cheval de trait. La race est aujourd'hui éteinte.]
Così si legge in un sito dedicato all’infanzia. Il bidet non era altro che un piccolo cavallo bretone utilizzato come animale da tiro: la razza è oggi estinta. Ed è da questo animale che tale oggetto, comparso negli arredamenti francesi tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, ha tratto il nome: dalla posizione d’uso del bidet, simile a quella di una cavalcata su un piccolo cavallo.
La prima testimonianza certa di un bidet in Francia risale al 1710, anno in cui venne installato presso l'abitazione della famiglia reale. In realtà i bidet, immediatamente dopo l'introduzione, furono poco utilizzati in patria: a Versailles ne esistevano in 100 bagni, ma furono dismessi tutti in una decina di anni. Nella seconda metà del Settecento troviamo testimonianza del primo bidet in Europa utilizzato fuori dai confini francesi, precisamente in territorio italiano: la Regina di Napoli Maria Carolina d’Asburgo-Lorena ne volle uno nel suo bagno personale alla Reggia di Caserta.
Nei paesi mediterranei, con l'avvento dell'acqua corrente in casa e la creazione dei bagni privati, l'uso del bidet si è affermato nel corso del ventesimo secolo. Al contrario nel suo paese d'origine, in Francia, a partire dagli anni settanta per ragioni di economia e di spazio si sono raramente installati bidet nei nuovi appartamenti: dal 95% di presenza nei bagni nel 1970, la percentuale è scesa al 42% nel 1993. Una grande quantità di persone ha eliminato il bidet dalla propria casa durante i lavori di ristrutturazione, preferendo dedicare lo spazio occupato da questo “retaggio antiquato” a grandi e moderne docce o a ultramoderne lavatrici-asciugatrici. Lo stesso vale per le case nuove, dove le superfici sono economizzate al millimetro e la piccola area occupata dal bidet risulta utile per altre comodità. Può anche capitare di sentirsi rispondere, alla domanda sul perché sia stato tolto durante la rinnovazione di un bagno: "Non sapevo che farmene...al massimo lo utilizzavo ogni tanto per lavarci i capelli!"...
E’ davvero interessante osservare un Paese e la sua società da un luogo per i più insignificante e umile, e dove invece può nascondersi una storia lunga secoli: dall'incompreso e fuorimoda bidet settecentesco alla contemporanea e minimal chic douche à l’italienne.